Il negligente, San Pietroburgo, stamperia del corpo dei Cadetti, 1758

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Filiberto.
 
 FILIBERTO a sedere e LISAURA
 
 FILIBERTO
 Possibile che un giorno
 non possa star senza pensare a niente?
 Con questo tutto il dì rompermi il capo,
 figlia troppo crudele,
5mi farete morir, voi lo sapete,
 io bramo la mia pace,
 faticare, pensar m’annoia e spiace.
 LISAURA
 Ah caro padre, come mai potete
 goder la vostra pace
10con una lite intorno
 che se noi la perdiamo
 miserabili affatto oggi restiamo.
 FILIBERTO
 Ohimè! Non m’anoiate.
 LISAURA
 Voi vi tenete in casa
15quell’impiccio d’Aurelia.
 E non si sa perché.
 FILIBERTO
                                     Morto è suo padre.
 Me l’ha raccomandata.
 LISAURA
 Io cresco nell’età, son figlia sola,
 voi siete un po’ avvanzato
20ed ancor non pensate a darmi stato.
 FILIBERTO
 Oh ci è tempo, ci è tempo.
 Ci penseremo.
 LISAURA
                              A far lo stato mio,
 se non ci pensa lui, ci pensarò io. (Parte)
 
 SCENA II
 
 FILIBERTO, poi PORPORINA
 
 FILIBERTO
 Non basta il grande impaccio
25di far nascer le figlie ed allevarle,
 pensar anche bisogna a maritarle.
 PORPORINA
 Serva, signor padrone.
 FILIBERTO
                                            Ah Porporina,
 come stiamo in cucina?
 PORPORINA
                                              Ho un’ambasciata
 di premura da farvi.
 FILIBERTO
                                        Io non ho voglia
30di sentir ambasciate,
 me la farai stasera.
 PORPORINA
                                      Oh non ci è tempo
 da perdere, signor. Sentite...
 FILIBERTO
                                                      Oibò
 che noia!
 PORPORINA
                    Ha qui mandato
 il causidico vostro...
 FILIBERTO
                                       Oh nome odioso!
 PORPORINA
35Vi vorrà del denar.
 FILIBERTO
                                     Ne manderò.
 Senti, ho un po’ d’apettito,
 fami una pietanzina,
 cara mia Porporina.
 PORPORINA
 Ma spicciatevi prima il palazzista.
40O vestitevi e andate
 o almen qualche risposta a lui mandate.
 FILIBERTO
 Ehi Pasquino.
 
 SCENA III
 
 PASQUINO e detti
 
 PASQUINO
                             Signor. (Di dentro)
 FILIBERTO
                                             Vien qui.
 PASQUINO
                                                                 Non posso.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Fo colazione.
 FILIBERTO
 Poverino, ha ragione.
45Finisci e poi verrai.
 PORPORINA
 (Ah più sciocco padron non vidi mai).
 PASQUINO
 Eccomi. Ho fatto presto?
 FILIBERTO
 Cancaro! Tu sei lesto.
 Sentimi, andar dovrai...
50Dove ha detto? (A Porporina)
 PORPORINA
                                A palazzo.
 FILIBERTO
                                                     Andrai a palazzo,
 cercherai conto di messer Imbroglio.
 Portagli questa borsa;
 digli che si ricordi
 di sostenere in punto di ragione
55ch’io son chiamato alla sostituzione.
 Digli che il testamento parla chiaro,
 che il testamento io l’ho
 e che quando bisogni il cercherò.
 Digli...
 PASQUINO
                Basta, ih ih, che diavol fate?
60Tante cose in un fiato?
 Voi m’avete imbrogliato.
 FILIBERTO
 Te lo tornerò a dir, oh che fatica.
 Andrai a palazzo.
 PASQUINO
                                  Bene.
 FILIBERTO
                                               E là vedrai
 messer Imbroglio.
 PASQUINO
                                     Sì.
 FILIBERTO
                                             E gli darai
65questa borsa.
 PASQUINO
                            Fin qua me ne ricordo
 e poi?
 FILIBERTO
               E poi che il testamento io l’ho,
 che non l’ho ancor trovato,
 ma ch’io sono chiamato
 alla sostituzione
70e che sostenga ben la mia ragione.
 PASQUINO
 Caro signor padron, fatemi grazia,
 quella prostituzione cosa vuol dire?
 FILIBERTO
 Sostituzione ho detto.
 PASQUINO
 Ma se poi tutto tutto
75quel non dicessi che diceste voi?
 FILIBERTO
 Oh son stanco! Di’ tu che diavol vuoi.
 
    Già te l’ho detto
 cos’hai da fare,
 non mi stancare,
80non m’annoiar.
 
    Via Porporina, (A Porporina)
 vane in cucina,
 la piatancina
 vammi tu a far.
 
85   L’ho detto chiaro, (A Pasquino)
 tu m’hai capito.
 O che appetitto. (A Porporina)
 Cara non farmi
 tanto aspetar.
 
 SCENA IV
 
 PASQUINO e PORPORINA
 
 PASQUINO
90Che mi venga la rabbia,
 se mi ricordo più cosa m’ha detto.
 Basta, a palazzo andrò. (Vuol partire)
 PORPORINA
 Ehi, ehi, Pasquino mio.
 PASQUINO
 Porporina che vuoi?
 PORPORINA
                                        Così tu parti,
95senza darmi un addio?
 Più bene non mi vuoi Pasquino mio?
 PASQUINO
 Se ti vo’ bene! E come.
 Ma per non mi scordar la mia lezione
 io me n’andavo a dire a ser Imbroglio
100del testamento e la prosti... tuzione.
 PORPORINA
 Via, via, vanne Pasquino;
 la cosa preme assai.
 Vanne e ritornerai poscia da me.
 PASQUINO
 Se premesse al patron, v’andria da sé.
 PORPORINA
105Sai la sua negligenza.
 PASQUINO
 Vado... Ma dove? Oh bella!
 Non mi ricordo più dov’abbia a andare.
 PORPORINA
 A palazzo.
 PASQUINO
                      La borsa l’ho da dare...
 A chi?
 PORPORINA
               A messer Imbroglio.
 PASQUINO
110Messer Imbroglio amato,
 stavolta più di voi sono imbrogliato.
 
    Ho da dir che il testamento...
 Ho da dir... Non ne so più.
 Porporina dillo tu...
115Zitto, zitto, l’ho trovata,
 ho da dir ch’è la ragione
 della sua prostituzione
 che si deve sostener.
 
    Gran memoria tengo io!
120Ho da dir che il padron mio
 l’ha cercato e l’ha trovato...
 Sì va bene, lo dirò.
 
 SCENA V
 
 PORPORINA, poi DORINDO
 
 PORPORINA
 Io mi vo’ maritar. Pasquino, è vero,
 è un poco sempliciotto ma talvolta
125un mezzo scimunito
 suol esser per la donna un buon marito.
 DORINDO
 Quella giovine bella.
 PORPORINA
                                        Oh mio padrone,
 chi dimanda?
 DORINDO
                             Il signor Filiberto
 è in casa?
 PORPORINA
                     È in casa?
 DORINDO
                                          Si potria vedere?
 PORPORINA
130Se avete da parlar di qualche affare,
 difficile sarà.
 DORINDO
 Per dir la verità,
 so che siete una giovine prudente;
 di veder lui non me n’importa niente;
135Lisaura bramarei...
 PORPORINA
                                      Ah, ah, v’ho inteso.
 Garbato signorino,
 non cercate Marforio ma Pasquino.
 DORINDO
 A voi mi raccomando.
 Permettete ch’io possa
140dirle almen due parole.
 PORPORINA
 Oh, no, questo non si puole.
 Andate via.
 DORINDO
 Io vi regalerò.
 PORPORINA
                             Questi futuri
 non mi piacciono punto. Andate via.
 DORINDO
145Vi prego in cortesia.
 PORPORINA
                                        No no, non posso.
 DORINDO
 Ma perché non potete?
 Porporina, tenete
 questa piciolla borsa,
 per caparra di quel ch’io vi darò.
 PORPORINA
150Grazie, grazie, voi siete (Prende la borsa)
 veramente garbato.
 Io non posso veder patir nessuno
 spezialmente quand’uno
 è come siete voi, gentil così,
155m’adoprerei per lui la notte, il dì.
 
    Non posso soffrire
 vedervi languire,
 ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar.
 
160   (Perché non è avaro,
 non prezza il danaro,
 lo vuo’ consolar).
 Ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar.
 
 SCENA VI
 
 DORINDO solo
 
 DORINDO
165Dice ben Porporina, dice bene;
 chi vuole esser contento
 vi vuol l’oro e l’argento.
 Chi non ha capitale
 colle donne oggidì la passa male.
 
170   Fra lo splendor del sesso
 vale dell’oro il suono,
 del core il solo dono
 poco giovar ci può.
 
    E senza quest’inganno
175che speri ancor se lice
 quell’anima felice
 io ritrovar non so.
 
 SCENA VII
 
 Altra camera nella stessa casa.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Sì sì, Cornelio mio,
 amami di buon cor che t’amo anch’io.
 CORNELIO
180Circa all’amor, mia cara,
 non v’è niente che dir. Siamo felici.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene.
 CORNELIO
 Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
 Voi tre tesa gli avete
185una terribil rete.
 Io un altro laccio ho teso.
 Dalla rette o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
 E noi contenti allora,
 senza che della fame
190v’entri il brutto demonio,
 goderem lietamente il matrimonio.
 
    Sposi sarem contenti,
 sempre in amor felici
 né mai veran tormenti
195fin che sarai con me.
 
    Avrà mercede eguale
 la tua, la mia constanza
 e par che la speranza
 mi unisca già con te.
 
 SCENA VIII
 
 AURELIA, poi FILIBERTO
 
 AURELIA
200O bene o mal che sia,
 quando a noialtre donne
 ci vien quest’appetito,
 senza filosofar pigliam marito.
 FILIBERTO
 Bene, bene, non mi stancate,
205sì si farà, si farà,
 oh Aurelia che fate?
 AURELIA
 Benissimo starei
 se fossi in grazia sua.
 FILIBERTO
 La mia grazia lo sai che tutta è tua.
 AURELIA
210S’accomodi un pochino.
 Guardate, poverino,
 egl’è tutto sudato; (Lo assiuga)
 si sarà affaticato.
 FILIBERTO
                                  Se lo dico.
 Mi voglion far crepare.
 AURELIA
215Eh signor Filiberto,
 io so che vi vorrebbe
 per solevarvi da cotanti affanni.
 FILIBERTO
 Sì la mia cara Aurelina,
 dite, che vi vorrebbe?
 AURELIA
                                           Una sposina.
 FILIBERTO
220Una sposina!
 AURELIA
 Vi vorrebbe una moglie
 che solevar sapesse
 dagli affarri il marito.
 FILIBERTO
 Oh il ciel volesse che una donna tale
225ritrovar io potessi.
 Non so dire per lei cosa facessi.
 AURELIA
 Per vendere e comprar son nata apposta.
 FILIBERTO
 Oh brava.
 AURELIA
                      So di conti e di scritura.
 Ed ho l’ecconomia già per natura.
 FILIBERTO
230Dimmi. Aurelia, inclinata
 sei tu pel matrimonio?
 AURELIA
                                             Oh signor no.
 FILIBERTO
 E s’io ti proponessi un buon partito?
 AURELIA
 Quando fosse il marito...
 Come sarebbe a dir...
 FILIBERTO
                                          Via, parla schietto.
 AURELIA
235Mi vergogno davvero.
 FILIBERTO
 Qui nessuno ci sente.
 AURELIA
 Quando fosse il marito come voi...
 FILIBERTO
 Tuo marito sarò, se tu mi vuoi.
 AURELIA
 Ma io povera sono e non ho dote.
 FILIBERTO
240Io te la farò.
 AURELIA
                         E poi... signor... io so
 che graziosa non sono e non son bella.
 FILIBERTO
 Cara, tu agli occhi miei sembri una stella.
 AURELIA
 
    Oimè cos’è quello
 ch’io provo nel core.
245Nemica d’amore
 son stata finor.
 Adesso per voi
 mi sento languir.
 Ma, caro, ma poi
250di me che sarà?
 
    Son troppo innocente
 nell’arte d’amor.
 Oimè non vorrei
 lasciarmi inganar.
255Di me semplicetta,
 di me poveretta,
 abiate pietà.
 
 SCENA IX
 
 FILIBERTO, poi LISAURA
 
 FILIBERTO
 L’ho sempre detto ch’è una buona figlia
 Aurelia, di buon’indole e talento,
260e di prenderla in moglie io son contento.
 LISAURA
 Signor padre, un affar di gran premura
 mi conduce da voi.
 FILIBERTO
 Di grazia andate e tornarete poi.
 LISAURA
 Il cielo mi presenta
265una buona fortuna.
 FILIBERTO
 Me ne rallegro assai.
 LISAURA
                                        Dorindo, il figlio
 di quel ricco mercante
 mi si è scoperto amante.
 FILIBERTO
 Benissimo, e così?
 LISAURA
                                     Mi brama in moglie.
 FILIBERTO
270Ne parleremo poi.
 LISAURA
 Volea venir da voi
 ma per non annoiarvi ei si trattiene.
 FILIBERTO
 In questo ha fatto bene.
 Io non vo’ seccature.
 LISAURA
275Aspetta la risposta.
 FILIBERTO
                                      Aspetti pure.
 LISAURA
 Dunque, che gli ho da dire?
 FILIBERTO
 Per or se ne può ire;
 ci penseremo, tornerà.
 LISAURA
                                            Ma quando!
 FILIBERTO
 Oh l’è lunga!
 LISAURA
                           Io stessa
280da lui ritornerò.
 FILIBERTO
 Da lui! Signora no.
 LISAURA
 Dunque anderete voi.
 FILIBERTO
 Non posso, non ne ho voglia.
 LISAURA
 La civiltà lo vuole,
285conosco il dover mio;
 se non ci andate voi ci anderò io.
 
    Deh non fate ch’io vi chiami
 crudo padre e dispietato,
 del mio core innamorato
290deh movetevi a pietà.
 
    Lo sapete s’io fui sempre
 rassegnata ed umil figlia;
 ma l’affetto or mi consiglia
 né so dir quel che sarà.
 
 SCENA X
 
 FILIBERTO, poi PASQUINO
 
 FILIBERTO
295Cancaro! Dall’amante
 risoluta si porta? Andar conviene.
 Ma se sto bene, perché ho da levarmi?
 PASQUINO
 Son qui, signor padrone.
 FILIBERTO
 Ecco un altro tormento.
300Non mi lasciano in pace un sol momento.
 E ben che cosa ha detto?
 PASQUINO
 Chi?
 FILIBERTO
             Il causidico mio.
 PASQUINO
                                             Non l’ho veduto.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Perché un po’ tardi
 a palazzo signor sono arrivato
305e il causidico già se n’era andato.
 FILIBERTO
 Non importa, stasera
 l’andrai a trovar a casa.
 PASQUINO
                                             Signorsì.
 FILIBERTO
 Dammi dunque la borsa.
 PASQUINO
                                                Eccolla qui.
 FILIBERTO
 Questi pochi denar son risparmiati...
 PASQUINO
310Li volete contar?
 FILIBERTO
                                 L’ho già contati.
 Li porrò nello scrigno
 ma incomodar non mi vorrei, Pasquino
 tieni le chiavi... No... Fidarsi troppo
 non istà bene. Adesso, Porporina.
 
 SCENA XI
 
 PORPORINA e detti
 
 PORPORINA
315Signor.
 FILIBERTO
                 Il tavolino
 porta e lo scrigno. Aiutale Pasquino.
 PORPORINA
 Subito. (Pesa poco, è ormai finito).
 PASQUINO
 (Volea darmi le chiavi e si è pentito).
 PORPORINA
 (Chi non si fida merta esser gabato).
 PASQUINO
320(Di trapolarlo il modo ho già pensato).
 PORPORINA
 Ecco lo scrigno.
 FILIBERTO
                               Tieni, aprilo tosto.
 PORPORINA
 L’ho aperto.
 FILIBERTO
                         Brava.
 PORPORINA
                                        Altro da noi non comanda!
 FILIBERTO
 Andate pur; da me mi divertisco.
 PORPORINA
 Serva, signor padron. (Parte)
 PASQUINO
                                           La riverisco. (Parte)
 FILIBERTO
 
325   Scrigno caro, bello,
 te ne vai così pian piano
 ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA
 
    Ehi signor, siete chiamato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi vuole?
 
 PORPORINA
 
                             Il palazzista.
 
 FILIBERTO
 
330Oh che vita amara e trista.
 Vada via; ritornerà.
 
 PASQUINO
 
    Ehi signor siete cercato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi brama?
 
 PASQUINO
 
                               È un cavaliere.
 
 FILIBERTO
 
 Vada via, ritornerà.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
335(Ed ancor non se ne va?)
 
 FILIBERTO
 
    Scrigno caro, bello bello,
 te ne vai così pian piano.
 Ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
    Sì signor, glielo diremo. (Verso la scena)
 
 FILIBERTO
 
340Con chi dite?
 
 PASQUINO, PORPORINA A DUE
 
                            Una parola,
 una cosa sola sola
 vi vuol dire e se ne va.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che pena.
 
 A DUE
 
                           (Se ne va). (Fra loro)
 
 FILIBERTO
 
 Oh che rabbia!
 
 A DUE
 
                               (Se ne va). (Come sopra)
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
345   Se n’è andato, se n’è andato.
 E lo scrigno è spalancato. (Rubano due borse)
 Prendi, prendi, piglia, piglia.
 Presto, presto, ch’egli è qua.
 
 FILIBERTO
 
    Cosa fate?
 
 A DUE
 
                         Niente niente. (Nascondano le borse ed egli se n’accorge)
 
 FILIBERTO
 
350Cos’è questo?
 
 A DUE
 
                            Nulla, nulla.
 
 FILIBERTO
 
 Vo’ vedere.
 
 PORPORINA (Vol nascondere sotto il grembiale)
 
                        A una fanciulla?
 
 FILIBERTO
 
 Vo’ toccare. (In tasca)
 
 PASQUINO
 
                         Ad un zitello?
 
 FILIBERTO
 
 Birboncello l’ho trovato. (Trova la borsa)
 Disgraziata m’hai rubato. (Fa lo stesso)
355Presto andate via di qua.
 
 PORPORINA
 
    Io non sono.
 
 PASQUINO
 
                             È stata lei.
 
 FILIBERTO
 
 Sei bugiardo, ardita sei.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 Perdonate per pietà.
 
 FILIBERTO
 
 Presto andate via di qua.
 
 Fine dell’atto primo
 
    Segue il ballo della Liberazione d’Andromeda fatta da Perseo secondo la favolla d’Ovidio, composto dal signor Carlo Belluzzi.